VIVAI COOPERATIVI RAUSCEDO

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La grande scommessa dei vitigni resistenti

Categorie: Dalle Cooperative

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La sostenibilità e una maggiore tutela dell’ambiente sono legata a doppio filo alla ricerca e all’innovazione e non di rado sono in conflitto con il mantra del rispetto delle tradizioni. È un tema evidente nel settore del vino, dove i richiami alle tradizioni (che però implicano un ricorso più o meno massiccio alla chimica) stanno frenando la ricerca di soluzioni delle quali dipende il futuro del settore.

Circa quindici anni fa fecero la loro comparsa sulla scena i primi vitigni resistenti. Varietà in grado di resistere (senza chimica) alle principali malattie della vite e agli stress idrici. Tra i primi a crederci l’Istituto di Genomica Applicata dell’università di Udine che le ha sviluppate con la collaborazione dei Vivai Cooperativi di Rauscedo (Pordenone) tra i leader mondiali del vivaismo viticolo.

Si tratta di incroci tra varietà autoctone e cultivar resistenti sviluppate attraverso anni di sperimentazioni e migliaia di micro vinificazioni. Qualcosa di non molto diverso da incroci e sperimentazioni da sempre effettuate dagli agricoltori in campo.

Le prime 10 varietà resistenti (tre Sauvignon, due Merlot, due Cabernet più Soreli, Fleurtai e Julius) sono state iscritte nel registro nazionale nel 2015. E molte altre sono in arrivo: Pinot nero, Pinot bianco, Sangiovese e Glera, il vitigno del Prosecco, che da solo garantirebbe un abbattimento della chimica nei vigneti.

Tuttavia si tratta di varietà che oggi in Italia possono essere utilizzate solo per produrre vini da tavola (e non Doc) e solo dopo una specifica autorizzazione regionale. “È come se i vaccini anti Covid - spiega il direttore dei Vivai Cooperativi di Rauscedo, Eugenio Sartori” - prima di essere distribuiti dovessero superare test in ogni singolo paese. Non si tiene conto neanche la continuità territoriale. Ad esempio tra Grave del Friuli e Grave del Piave c’è un vigneto che ricade in due regioni diverse e quindi sono necessarie differenti autorizzazioni. Negli USA l’autorizzazione unica, in Francia si discute di autorizzarli anche per le Doc, in Ungheria li hanno approvati in 45 giorni”.

Al momento il via libera è arrivato solo da Friuli, Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna e Abruzzo.

“Le differenze con le varietà tradizionali sono ancora evidenti - spiega Il presidente degli enologi italiani Riccardo Cotarella -. Il Sauvignon resistente ad esempio non ha lo stesso profilo aromatico. Bisogna  lavorarci. Occorre sperimentarli su suoli diversi e con differenti tecniche. Ma è una strada obbligata. Bruxelles ha intenzione di mettere al bando il rame che è il principale strumento di lotta fitosanitaria nei vigneti biologici. Se non si individuano rimedi la viticoltura biologica sarà la prima a sparire.

 

fonte: Sole Rapporti E-i 16/03/2021

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