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FUTURA COOP SOCIALE

FUTURA COOP SOCIALE

Il Covid e il diritto (negato) all’inclusione sociale

Categorie: Dalle Cooperative

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Il 3 dicembre è la giornata internazionale sancita dall’ONU per i diritti delle persone con disabilità: l’inclusione sociale è un bene primario messo a dura prova dalle restrizioni dovute al Covid. «Ma domani posso venire, vero?»: la domanda degli utenti che frequentano la sede di Futura.

 

Come si può garantire il diritto all’inclusione sociale in tempi di segregazione? Come è possibile superare il distanziamento che impone il Covid quando il rischio è ridurre all’isolamento persone fragili? Giovedì 3 dicembre è la giornata internazionale per i diritti delle persone con disabilità e l’articolo 19 della relativa convenzione ONU sancisce il principio secondo cui gli Stati «riconoscono l’eguale diritto di tutte le persone con disabilità a vivere nella comunità, con la stessa libertà di scelta delle altre persone, e prendono misure efficaci e appropriate al fine di facilitare il pieno godimento di tale diritto e della piena inclusione e partecipazione all’interno della comunità». Il virus, però, non accetta alcuna deroga, neppure verso chi ha bisogno dei rapporti sociali esattamente come si necessita di aria e pane. L’inclusione sociale è un bene primario di cui nessuno può fare a meno: «La situazione che stiamo vivendo – spiega Michele Ervoni, responsabile dei servizi alla persona di Futura – non è naturale: è come se l’isolamento, lo stare a casa o il divieto di uscire ci togliessero la terra da sotto i piedi».

La sede di via Pescopagano di Futura è il luogo dove si incrociano i percorsi di molte persone e i tanti progetti di inclusione e crescita che la cooperativa ha sviluppato negli anni: non solo il centro semi-residenziale, ma anche il laboratorio abilitativo, quello di ceramica, la Sala Multimediale, il reparto di oggettistica con il magazzino dell’e-commerce, gli spazi per lo sport, la musica e il teatro. È qui che si concentrano ormai tutte le attività: «Prima, le persone uscivano sul territorio – spiega ancora Ervoni – ma adesso abbiamo dovuto sospendere buona parte dei progetti perché il rischio è troppo alto. Penso alla Conad e alle bocce, ma anche tutte le iniziative del fine settimana: le gite di gruppo, le uscite ricreative, le prove musicali, lo sport, ecc.». Anche all’interno, però, le condizioni sono cambiate e per tutte le persone, utenti e operatori, sono in vigore protocolli rigidi e screening serrati ogni volta che sorge un sospetto caso di positività o di contatto. Alcune attività sono state cancellate o modificate, altre sono state sviluppate o hanno subito un’accelerata proprio per dare risposte concrete ai bisogni delle persone.

«Oggi il nostro obiettivo – spiega ancora Michele Ervoni – è trovare l’equilibrio giusto per garantire alle persone fragili il diritto ad avere rapporti sociali anche in tempi di segregazione. Per noi, che per missione facciamo inclusione sociale, si tratta di una situazione molto complessa che ci obbliga a individuare strade nuove e a inventarci ogni giorno strumenti diversi per compensare una mancanza che è veramente un bisogno fondamentale». Per molte persone con disabilità o svantaggio, infatti, la presenza a Futura è l’unica occasione per uscire, per avere relazioni e per sentirsi accolti e ascoltati nella vita. Chi è costretto a casa, forzatamente o per precauzione, non vede l’ora di rientrare. «Ma domani posso venire, vero?» è la domanda di molti ogni volta che il dubbio di stare a casa risveglia la paura dell’isolamento.

«Per molte persone si tratta proprio di un trauma, – spiega Adelina Soare, responsabile del percorso post-trauma della cooperativa – l’assenza di contatto fisico crea sofferenza, è difficile da comprendere e noi dobbiamo fare un grande lavoro per ricordare costantemente il perché ci troviamo in questa situazione e per trovare modi diversi per esprimere ciò che prima comunicavamo con l’abbraccio, la vicinanza, il tenersi per mano, il toccarsi». Da esigenze di questo tipo sono nati laboratori come EmozionaMente: «Adesso inizia il laboratorio, – spiega Alex, un utente che da anni segue un percorso all’interno di Futura – parliamo e ci confrontiamo, insieme impariamo a esprimere le nostre emozioni. È bello, anche se io, però, preferisco il teatro».

Anche chi deve stare a casa a lungo – anche se non rientra più tra le attività retribuite come presenza presso il centro semi-residenziale – non viene lasciato solo: «Le relazioni non smettono di esistere in base a un protocollo: – racconta ancora Adelina Soare – manteniamo i contatti grazie alla tecnologia, al web. Facciamo le videochiamate e abbiamo anche festeggiato un compleanno on line. Andiamo oltre il rapporto professionista-utente, perché l’inclusione sociale non è solo un servizio. Per qualcuno è la vita». L’impatto è forte anche su persone con problematiche legate alla salute mentale: «A farne le spese oggi – spiega Julieta Iglesias, responsabile dei percorsi salute mentale – sono i più giovani, per loro è alto il rischio di ritiro sociale e di isolamento. Il pericolo, adesso ma anche in futuro con il perdurare di questa situazione di isolamento, è l’aumento di casi di disagio e di depressione».

 

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